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Sorriso genuino, pollice alzato, Fabio Aru si è goduto il sapore libero di ogni pedalata, fino all’ultima di un viaggio bellissimo, che lo ha portato lontano, con gioie immense e momenti difficili. Poco importa che sia arrivato quarantanovesimo a 4 minuti e 15 da Primoz Roglič; l’ultima cronometro della Vuelta 2021, per il “Cavaliere dei quattro mori”, aveva ben altro obiettivo. O forse no, sono stati i 33,8 km in cui un ragazzo di 31 anni ha pedalato libero, semplicemente per il gusto di farlo. Proprio come faceva da ragazzo, in Sardegna, la terra che, come ha detto a BiciSport Pietro Picciau (storico cronista per l’Unione Sarda), ha catapultato in un palcoscenico di assoluto caratura, dove nessuno era mai arrivato. La sua è la storia di un ragazzo capace di oltrepassare limiti e difficoltà geografiche, portando al successo un’Isola intera. Merita un lungo applauso e un grazie».
Alessandra Giardini sulla Gazzetta dello sport racconta l’attimo del suo ultimo piede posato in terra, “alle 19.26, davanti alla cattedrale di Santiago di Compostela, dove ogni anno concludono il loro cammino più di trecentomila pellegrini da tutto il mondo”. Giusto, se vogliamo, che Fabio Aru abbia chiuso così, proprio nella corsa che gli ha regalato, forse, la gioia più grande nel 2015. Quella Vuelta ce la ricordiamo bene, esaltati a guardare i suoi scatti secchi sulle aspre salite spagnole. Oltre a quella corsa, in totale sono state nove vittorie in carriera di Aru: una tappa al Tour de France, tre al Giro d’Italia, due alla Vuelta. Ha portato la maglia da leader in tutte e tre le corse, più quella tricolore. Maglie affascinanti e complicate, non solo perché il sudore che serve per raggiungerle pesa più di quello di noi comuni mortali. Va bene così Fabio, con l’augurio che da oggi, ogni pedalata della tua nuova vita, abbia sempre quel sapore libero e spensierato.
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